Ha solo ventidue anni, il suo ispiratore è naturalmente il rivoluzionario Banksy e ha scelto la sua città (che è anche la mia) per esprimere la sua arte.
Ci tengo a raccontare personalmente questa storia perché per me scoprire giovani talenti che rischiano di rimanere sconosciuti e ignorati è una missione, è il motivo per cui ho aperto la Galleria.
Ovviamente Andrea Astolfi è lo pseudonimo col quale ha deciso di farsi conoscere al pubblico, e non è stato per niente semplice convincerlo a esporre le fotografie dei suoi lavori. Ho cercato personalmente di rintracciarlo per mesi, ma è sempre stato molto bravo a nascondere le sue tracce. Finalmente un amico comune ci ha fatti incontrare e ho potuto fargli i complimenti per quanto avevo visto in giro. Ci ho messo molto a convincerlo a venirmi a trovare in Galleria, ancora di più a fargli prendere la decisione di mettere le sue opere in mostra, anche se solo attraverso fotografie.
Che cos’hai pensato la prima volta che mi hai visto?
Che non avevamo niente in comune. Tu eri una signora con una posizione, una galleria d’arte aperta da poco, bei vestiti e un vocabolario forbito. Io ero un ragazzino che si divertiva a disegnare sui muri di notte, quando nessuno lo vedeva, e la mattina tornava ad essere il bravo studente di una famiglia bene bolognese.
Ma poi ti sei ricreduto? Come mai hai deciso di entrare nella mia Galleria?
Ebbene sì, mi sono ricreduto. Ho capito, parlando con te, che il tuo obiettivo era proprio quello di dare voce a chi di voce non ne ha. Proprio le persone come me, che devono nascondersi dietro un cappuccio di notte per poter esprimere quello che davvero sentono di essere. Di giorno invece dobbiamo indossare una maschera e non possiamo certo raccontare quello che sentiamo dentro perché ci guarderebbero tutti male, ci giudicherebbero. Siamo in una gabbia dorata, in una teca dove tutti ci osservano e qualsiasi movimento, parola o elemento che distolga dall’armonia d’insieme deve essere subito eliminato. Per questo nessuno sa quello che faccio, o almeno lo sanno in pochissimi.
Che significato hanno i tuoi disegni?
Rappresentano in qualche modo quello che sono io veramente, non quello che vedono i miei genitori, i miei professori e nemmeno la maggioranza degli amici con cui trascorro il mio tempo. Rappresentano il mio amore per i ragazzi e per le ragazze, cosa che ancora non sono pronto a raccontare in pubblico, ma anche la mia difficoltà nel gestire la rabbia che ogni tanto mi sovrasta e la depressione che fa capolino quando mi fermo per un po’ a riflettere sulla mia condizione attuale. Si tratta di un mondo che ancora non riesco a condividere con le persone della mia quotidianità ma sono felice che, grazie alla tua Galleria, qualcun altro possa vedermi come sono, senza filtri, e magari condivide questa difficoltà a mostrarsi nel quotidiano. Spero che a tutte queste persone la mia opera possa essere di aiuto, per spingerle a trovare la propria valvola di sfogo finché non saranno abbastanza forti da gridare la loro identità a tutti. Io sto ancora aspettando quel giorno.